Caro Vito,
ti ringrazio tanto per la tua risposta. E' tutta la mattina che ci penso e che cerco di organizzare le idee tenendo insieme le molte riflessioni che il libretto di Juul mi ha provocato.
Continuo a sentire Juul lontano dalla "pedagogia nera", almeno per quel che la intendo io dopo aver letto gli stralci che la Miller cita dal libro che ha questo titolo nella Persecuzione del bambino. Per definire "nero" un atteggiamento pedagogico io sento il bisogno che ci sia dietro un progetto di manipolazione. Questo in Juul è davvero assente, per quanto prenda ogni tanto le sue cantonate. Ricordo molto bene il passo che citi coi suoi tre divieti, perché ci avevo riflettuto per mio conto. Anch'io avevo pensato che con un poco di pazienza si poteva fare diversamente nei casi di diniego raccomandato. Però alla fine concordavo con Juul sulle competenze del bambino: un bambino non ha competenza per la sua sicurezza in un centro commerciale, né sulla sua alimentazione di fronte a cibi voluttuari, ma, anche se con qualche contraddizione, percepisce benissimo la sua stanchezza, magari ci lotta contro, ma la può capire anche da solo. Non si può fare dormire un bambino che non ha sonno, lo sappiamo. E possiamo supporre che il bimbo dell'esempio abbia ceduto al sonno anche per la stanchezza della lotta psicologica che aveva dovuto sostenere durante tutta la giornata, o che non fosse in grado di esercitare la sua competenza proprio perché snervato dai conflitti che aveva dovuto affrontare (sono ipotesi).
Ripeto che credo che su Juul gravi il peso di un certo tipo di cultura cui non appartiene il senso dell'attaccamento ai più piccoli, che li considera da subito persone con capacità di elaborazione della realtà e capacità di reazione troppo precoci. In questo c'è un grave torto che si fa ai bambini e un problema da risolvere. Forse ha il suo peso il senso del dovere e della responsabilità individuale che in una cultura protestante sempre pervade la società. Qualcosa che io ho sempre ammirato per tanti aspetti (chissà se è anche questo che fomenta il mio giudizio positivo su questo autore). Però credo ci sia una bella differenza tra il pretendere che un bambino rispetti i nostri divieti perché noi possiamo soddisfare il bisogno di perpetuare ciò che abbiamo subito (in questo c'è qualcosa di perverso e malato, anche se umanamente comprensibile) e l'imporre dei limiti ispirati a precisi principi di responsabilità. In Juul secondo me è sbagliato il modo che a volte propone, non il principio in sé. E quello che lui sente come necessario si potrebbe provare a fare con altri sistemi.
Quanto a noi e alla nostra vita quotidiana, sento, almeno per me, molto importante la distinzione che lui fa tra bisogni e desideri dei bambini (pp. 81-82, da cui cito una frase che ho trovato molto bella: "Viziare un bambino non significa dargli troppo di ciò di cui ha voglia, ma troppo poco di ciò di cui ha bisogno"). Siamo noi adulti a dover riflettere su questa distinzione e a trarne le conseguenze come possiamo, non possiamo chiedere di farlo ai nostri figli. Nemmeno in questo sono sufficientemente "competenti". Noi possiamo sapere che cosa rappresenta un vero bisogno, poniamo un bisogno alimentare (la giusta quantità di proteine ogni giorno, il calcio, le calorie necessarie), e che cosa la risposta a un desiderio (qualcosa di particolarmente buono e gradito, magari però uno sfizio, se non a volte qualcosa di complesso da digerire e smaltire, tipo un succulento cioccolatino). Noi dobbiamo prenderci la responsabilità di scegliere come possiamo per loro, senza però costringerli a frustrazioni controproducenti, o alla pretesa che capiscano le nostre complicate ragioni nutrizionali: che vuoi che gliene importi a Carlo che le patatine gli fanno venire i brufoli e che i brufoli sono un segno dell'intossicazione del suo corpo? Allora, se per caso, tanto per fare un esempio, siamo fuori a un tavolino con degli amici e ci portano le patatine con le bibite, io lascio che lui prenda le sue 2 patatine per volta (ogni volta mi commuove che non ne prende mai più di una per mano, non fa la scorta) e magari sollecito gli altri a servirsi per svuotare la ciotola in vece sua (non c'è neppure troppo bisogno di pregarli). Non so dirvi se è perché ha un forte senso di condivisione, ma non ha mai protestato di fronte alla ciotola vuota. Certo però non gliele compro e non organizzerò mai festini a base di chipster.
Così credo che possa valere anche per gli oggetti, questi maledetti. Io sono colpevole come credo molti di avergli comunque dato troppi giochi, per quanto anche lì la mia natura di rompiscatole con pretese virtuose abbia cercato di porre un freno. Ma, dove mi sono frenata io, è arrivata sua nonna. Mi accorgo con rammarico di come già ora abbia imparato che si è quel che si possiede quando al nido si porta le macchinine per farle vedere al suo compagno appassionato come lui di Cars: di Giovanni si parla per il personaggio che ha portato in mattinata di contro a quello portato da Carlo. Solo che, da sempre convinta della superfluità di tanti giocattoli e della "tossicità" di troppi, probabilmente gli ho fatto percepire il mio atteggiamento, se quando siamo in un negozio di giochi in genere guardiamo, tocchiamo, rimettiamo a posto e lasciamo lì per i bimbi che verranno dopo di noi (argomento questo che ha sempre accettato volentieri). In genere, quando veramente vuole qualcosa e la pretende, vedo che sono d'accordo con lui.
Quando invece è con sua nonna, che ha bisogno di riempirlo di doni e fomenta per questo i suoi desideri come può, lui chiede di più (a volte però, se non sono presente, non posso sapere quanto sia stato lui a chiedere o lei a dare: ho in mente una volta che senza volere ho l'ho vista, non vista, insistere fino a quando lui ha detto sì all'ennesima offerta di una cosa che non gli interessava). L'ultima volta che sono stati insieme se ti ricordi è stato così per la macchinina Ramon, che esiste in svariati colori: lui ce l'aveva viola e ha cominciato a pretenderla verde, l'ha avuta verde e la voleva gialla. Sparita la nonna, di Ramon non si parla più. Però vorrebbe Luigi
. Luigi non è un doppione, ci serve per le scene con l'amico Guido che già abbiamo, capisco il suo desiderio e prima o poi se lo trovo Carlo l'avrà
. Non sono proprio il cerbero che sembro, anche se percepisco con fastidio quanto siamo coinvolti nelle spire del mercato degli oggetti non necessari.
Io credo, Vito, che Edo senta la tua convinzione che lui è nel pieno diritto di volere il suo fucile, l'insoddisfazione che provi nel tentativo di arginare il suo desiderio, il tuo intimo imbarazzo. Questo non può che spingerlo a chiedere con maggiore convinzione, perché quello che lui capisce è che i tuoi motivi per non darglielo non ti convincono per primo e quindi non lo rispettano veramente.
Oppure, e questo fa di me una madre almeno un po' manipolatrice, ma sai che riconosco il pericolo di esserlo, tu eviti di condizionarlo e lui non condizionato esprime semplicemente quello che prova.
E' ovvio che propendo per la prima interpretazione: tra l'altro è quella che mi fa più comodo. E seguendo questo atteggiamento valuto anche le reazioni della bimba di Giulia.
Sento però che ridimensionare i desideri non necessari sia una nostra precisa responsabilità e che dobbiamo fare qualcosa per aiutare i nostri piccoli. Vedo che cosa ha prodotto il sistema di mia suocera e non mi piace: mio marito è stato da subito reso responsabile di tutti i suoi desideri e oggi può parlarti del peso di questa responsabilità. Vedo che cosa provoca ancora adesso sul mio bambino e neppure mi piace. Non vedo Carlo più felice quando è assecondato in tutto dal consumismo di sua nonna, vedo come alla fine lei fomenti più la sua insoddisfazione che il suo appagamento. Certe volte ho come la sensazione che lo rispetto maggiormente cercando il modo di convincerlo che non ha bisogno di qualcosa con la mia convinzione (senza pretendenderlo per principio e lasciando sempre un margine alla contrattazione, faccio quello che posso), che assecondando i suoi desideri che non condivido d'istinto per evitare le sue reazioni.
Forse mi fido troppo di me e del senso di giustizia che certi principi mi ispirano. E certo dubito comunque molto della mia infallibilità, lo sai da quanto ti ho pungolato per avere quello che ora si usa chiamare feedback.
Io penso che molti dei ragionamenti di Juul siano scomodi anche per genitori come noi tutti preoccupati di non ferire e offendere i nostri figli, di vigilare costantemente sulla violenza di ogni tipo che possono subire. Sono scomodi perché complicano ancor più il nostro compito. Se bastasse solo dire sempre sì, forse sarebbe più semplice e sicuro. Dobbiamo fidarci sempre dei nostri figli, ma non possiamo pensare che capiscano in ogni frangente che cosa davvero gli serve. Dobbiamo fare dei tentativi, magari sbagliare, ma cercare di rispettarli anche ponendo dei limiti quando servono. Questa per ora la mia conclusione.
Per ora mi fermo qui in attesa di repliche e censure. Ma prometto di rilanciare perché ci sono altri aspetti ancora da sondare, tipo le possibilità dei genitori, anche di chi cerchiamo di aiutare perché meno consapevole di noi, di spostare i propri limiti per far spazio ai bisogni dei figli e altro di affine.
Un abbraccio