da Effi B. » mercoledì 24 novembre 2010, 12:13
Sai, Graziella, quando ieri mattina ho letto il tuo messaggio, mi è scappato, qui nella mia cucina per una volta stranamente silenziosa, un bell'"urca!". E ho pensato: "chissà come la prende Franci?". E mi è pure venuto da sorridere a pensare a come sai essere coraggiosa e decisa quando hai un dubbio scottante: non hai posto mica una questione da poco!
Non avevo dubbi che era decisamente improprio applicato a Franci (sono sicura che i discorsi che le leggi fare pensando a Daria li farebbe anche se nel pancino ci fosse un Dario che cresce), ma sentivo che era un appunto ben tosto da muovere a qualsiasi mamma.
Poi ho letto Franci e ho pensato: "urca!". In silenzio stavolta, ché una qualche reazione da parte sua ci stava (poteva anche dirti solo che ti eri sbagliata, ma credo si possa concedere a chiunque di rimanerci almeno un po' male se le proprie parole producono un giudizio simile su come si è, non era mica una denuncia lieve e di minimo conto). E questa reazione, pensando a come poteva essersi sentita, l'ho trovata, fino a un certo punto, contenuta. Più pungente però nell'accenno che ha punto anche te. Per certi versi il suo affondo è stato anche più tagliente, perché, mentre tu hai supposto qualcosa che alla fine non la tocca (come dici tu tutto è da venire), lei ha mirato a qualcosa che è realmente accaduto, a un tuo momento di difficoltà, a qualcosa che hai fatto che magari avresti preferito non fosse. Difatti ci sei rimasta male e ti sei giustamente difesa.
Ritorno sul vostro scambio, non perché voglia fare da paciere, le spiegazioni tra voi sapete beneissimo darvele da sole, ma piuttosto perché sento che è un'occasione per riflettere su noi tutte. Sarà che di recente ho sbagliato più gravemente che in passato, sarà che due bimbi che crescono mettono alla prova quotidianamente, mi ritrovo tutti i giorni a riflettere sugli errori fatti e quelli da non fare. Sulle cose pratiche e gli atteggiamenti. E' una grande fatica e penso che le vostre posizioni, Franci e Graziella, siano interessanti e preziose per tutti.
Franci riflette su quel che ha sbagliato con Valerio per non ripetere i suoi errori. E' una cosa che ho fatto anche io e, anche se mi fa male pensare che a Carlo è toccato subire l'apprendistato di una principiante goffa e pasticciona, mi scalda il cuore pensare che tutto questo possa giovare a Pietro. E quando lo guardo, sempre felice e ridarello, mi riempio di speranza per tutto quello che mi aspetta da fare ancora per entrambi.
Ragionare sui limiti è non solo opportuno, è indispensabile, magari per spostarli più in là, come Graziella sa fare magistralmente, ma innanzitutto per riconoscerli e gestirli. E' una nostra responsabilità: dobbiamo vederli per noi e per i nostri bambini. Per i piccoli i limiti, di tutti i tipi, sono invisibili, sono come raggi infrarossi che solo la nostra vista riconosce.
Graziella invece ragiona di compromessi, di come accettare gestendo la rabbia, cercando una reazione ammissibile. Anche questo è indispensabile per poter accogliere i bisogni dei nostri bambini quando non c'è alternativa e imporre i nostri limiti equivarrebbe a farli soffrire. E Franci, lo sappiamo, ha pure una competenza mirabilmente allenata in materia.
Non è un caso che questi argomenti spuntino in una discussione come questa, dove appunto si parla di sistemi per aiutare i bambini ad aiutare noi. Non vorrei che il mio primo intervento avesse dato l'idea di una censura decisa. Volevo solo mettere in guardia. Perchè, quando si parla di metodo, come ricorda anche Paola, si parla sempre comunque di regole e di addestramento a quelle regole. A questo servono l'abitudine, la regolarità. Non ai bambini. Quando si dice che ai bambini servono le abitudini, si dice solo che i bambini si gestiscono meglio se li si abitua a una routine, non che i bambini chiedono la routine. I bambini hanno dei bisogni. E' il soddisfacimento di quei bisogni che gli serve, se è legato a dei ritmi, lo chiamiamo abitudine, se varia, useremo meno questa parola. E invece spesso si trasforma il fatto che i bisogni di un piccolo essere umano sono sempre quelli e ricorrenti nel fatto che lui ci chieda di stabilire una routine in cui inserire quei bisogni. Di qui le forzature sono tutte possibili. E lo sconcerto, anche irritato, quando poi il pupotto cresce e cambia i suoi ritmi rodati? Credo che sia successo a molte. Ribaltare il nostro modo di pensare, partire sempre dai bisogni, è la soluzione migliore sempre.
Pure nei casi in cui cerchiamo di appagare anche qualcuno dei nostri bisogni. Capiamo che cosa stiamo pretendendo, etroviamo di certo meglio il modo più amorevole per provarci. In caso capiamo anche prima se è il caso di lasciar perdere e provare diversamente.
Silvia ha già scritto, non serve che aggiunga altro: anche questa storia del non abituare a cercare il seno al primo lamento è una fesseria. Si può addestrare a fare altrimenti, ma non è il modo per riconoscere il bisogno del bambino. Non dare il seno ad ogni risveglio esaudisce un bisogno della mamma. Bisogno di cui si deve parlare e per il quale va cercata una soluzione possibile. Detto così mi sta bene, altrimenti mi fa ridere o mi indigna. Ma che volete che chieda un bambino in piena notte quando si agita e lamenta e si tranquilla all'istante appena ciuccia la sua mamma? Mica si accontenta: "va be' prendiamo 'sta tetta: sia mai che la mamma ci rimanga male"!
Abbracci a tutti,
Elisa