Mi intrometto anche io in questa discussione..
Crystal ti avevo letto ma poi quando sarei riuscita a intervenire tu avevi deciso di "ritirarti" e mi era sembrato brutto continuare la discussione che tu mi sembrava volessi chiudere.
Io credo di capire bene quello che dici. Anche io non mi sento sempre a mio agio in queste situazioni.
Forse alcune cose che hai detto per esigenze di sintesi si prestavano a più interpretazioni.
Provo a dirti la mia.
Premesso che secondo me bisogna distinguere (per semplificare) tra:
genitori con cui si parla di altro e che si frequentano senza figli
genitori con cui si parla di educazione
genitori con cui non si parla di educazione ma che stante la presenza dei figli qualcosa (che poi non è detto che sia universalmente indicativa di tutto lo stile genitoriale, ok) si palesa
Ora ok, nel primo caso (che appunto non è la festa) credo che riusciamo a vivercela serenamente tutti.
nel secondo caso (che potrebbe essere la festa) per me personalmente dipende molto dall'atteggiamento del mio interlocutore: se pensa di trovare sponda in me in metodi che non condivido, mi sento a disagio. ora pensando a perché mi sento a disagio credo che sia perché lo devo deludere, dicendo che no, non condivido affatto. Ora che io possa star male a deludere l'interlocutore è qualcosa che io, nel mio caso, riconduco a una sorta di esigenza di accettazione o comunque di mia missione (sbagliata eh!) di andare incontro ai "bisogni" (ma il termine è sbagliato) degli altri per preservare la "pace" (cioè senza scontri), ci lavoro ma il lavoro non è finito evidentemente
; se l'interlocutore è aperto nonostante mi racconti cose che non condivido, cerco di buttare un'altra prospettiva (tipo eh sì ma pure loro ci vedono sempre stanchi, nervosi oppure anche io vorrei rimanere a una festa se mi stessi divertendo così tanto, oppure però io capisco anche tuo figlio perché anche io mi sarei arrabbiata se etc...); se l'interlocutore è chiuso del tipo che vuole insegnare a me che i bambini vanno menati, puniti etc sto a disagio perché soffro per l'ingiustizia di ciò che viene detto e insieme alla sofferenza sale anche la rabbia (che poi ovviamente non sfogo ma mi macina dentro, anzi cerco di allontanarmi dalla persona o dal discorso).
Nel caso in cui i bambini vengano trattati male davanti a me sto male. Certo dipende dai gradi. Un ceffone mi fa stare peggio di altre cose ad esempio. Ovviamente come penso sia giusto insegnare anche ai bambini, le emozioni sono emozioni per cui non decido io razionalmente per cosa stare male e quanto. Anche se posso apparire esagerata ho capito (col tempo) che quel si prova va accettato, magari capito, ma accettato.
poi ci sono persone che riescono a farsi scivolare tante cose e vorrei tanto essere tra loro, ma non sono così.
I motivi nel mio caso che ho individuato sono diversi: la bambina che è in me me la porto dietro e vede queste cose e soffre con quei bimbi, l'adulto che è in me si sente impotente perché assiste senza trovare una buona idea per evitare che ciò accada, i "problemi" che mi porto dietro legati al bisogno di sentirsi in un contesto accettante mi fanno sentire accusata se porto avanti i principi in cui credo fermamente (che poi sia una che sbaglia anche tanto non mi fa pensare che i principi siano meno validi). Per l'allattamento prolungato mi hanno dato della morbosa e mi hanno chiesto se non fosse un'esigenza mia (in che senso?!?!?!?) ed io che vi devo dire, ci sono rimasta male e dopo queste due esperienze non è che ne ho più parlato se non quando sapevo di non venir criticata.
Ecco su questo punto poi vorrei condividere con voi una riflessione. Delle volte ho letto che magari Tizia o Caia può dirci se fai così lo cresci male, le punizioni servono, etc etc e poi la soluzione è il fatto che nostro figlio sia la bandiera che abbiamo fatto bene noi e dovrebbe mettere a tacere tutto solo vedendolo. Non che non capisca questa logica eh, però non mi piace sentirmi costretta "a dimostrare" peggio ancora che mio figlio debba "dimostrare" che è "perfetto" perché poi se incontri alcune persone (per fortuna non sono assolutamente la maggioranza ma qualcuno così l'ho incontrato) qualunque cosa ti possa preoccupare di tuo figlio è perché non l'hai punito, menato, lasciato piangere etc. tipo è timido perché non lo fai dormire da solo, non sa relazionarsi con i bambini che menano perché lo proteggi troppo..
quindi magari io la dimostrazione non la posso dare e ho anche capito anche grazie all'intervento di alcune persone qui che l'amore incondizionato è accettazione per cui cerco di dargli ciò di cui ha bisogno (ovvio coi limiti della mia comprensione) per aiutarlo a esprimere se stesso ma non per corrispondere a un modello di bimbo performante.
Poi c'è un altro aspetto che è quello della gestione dei bimbi insieme (più piccoli sono più i genitori sono presenti e più questi discorsi sono cogenti, dopo Crystal ti assicuro che man mano che crescono migliora).
Quando i bimbi giocano insieme e mi trovo con un genitore che la pensa in modo diametralmente opposto al mio sto in difficoltà perché ad esempio io al mio non ho mai imposto di prestare le sue cose, però poi magari mi trovavo con il genitore che imponeva al suo di prestare al mio.. e lì mi sentivo a disagio perché per me che comunque non volevo costringere il mio l'ingiustizia c'era a quel punto per l'altro... oppure delle volte ci sono genitori che hanno incitato i propri figli ed il mio a fare una gara per chi "finiva prima di mangiare tutto".. sicuramente una mia incapacità di smontare queste situazioni col sorriso eh! ma intanto così è..
tutto ciò e spero di non essere andata OT era per dire che credo di aver capito cosa dice Crystal e volevo condividere cosa provo io perché può darsi che alcune delle motivazioni possano essere comuni..
Magari può essere una questione di sensibilità, carattere, ferite ancora aperte.. io cerco di arrabattarmi in questi disagi miei perché non voglio che mio figlio si perda occasioni di socialità per considerazioni che riguardano me e non lui (se fosse lui a stare male non lo porterei) però ecco io il problema (che appunto al crescere dei bimbi per fortuna tende a ridursi) lo capisco bene.
Credo che questo discorso si giochi molto sul "giudizio" "l'essere e sentirsi giudicati" per quanto riguarda noi e sul come e cosa percepiamo come "violenza" per quanto riguarda i bimbi, posto che appunto in quella che io percepisco come "un'umiliazione per il bimbo" per un'altra persona può essere "un piccolo rimprovero che ora che si sposa si sarà dimenticato". Con la violenza fisica è più facile, ogni contatto volto a far male lo è, ma con le parole e le azioni complesse è più complicato.