melidi ha scritto:
elladegio scriveSe non ho capito male lei sostiene, come per molti filosofi e pure per un certo tipo di scienza, che non esiste una osservazione oggettiva, (forse nemmeno una realtà oggettiva? Persino quella che chiamiamo "realtà" si modifica quando viene osservata, ad esempio sapevo di certi esperimenti , secondo i quali persino gli elettroni e gli atomi si comportano diversamente se c'è un osservatore!!! ).
Insomma forse, se ho capito bene, secondo lei è impossibile arrivare a una descrizione veramente e solo puramente oggettiva, anche quando pensiamo che sia oggettiva e anche quando pensiamo di togliere i giudizi dal resoconto semplice dei fatti cosi' come negli esempi fatti da Rosenberg.
non è che ci si desidera trasformare un evento in oggettività ne filosificamente parlando ne scientificamente.
il desiderio di base per me, almeno, è di raggiungere una certa qualità di connessione con sia me stessa, che con l'altro...se non riesco a creare questo tipo di connessione perche o le cose che sto dicendo (nel modo solito che uso) sta urtando in qualche modo l'altro che parlo o io mi sto parlando a me stesso in un modo che mi stimula sentimenti forti tipo frustrazione o la rabbia o anche disperazione allora se prendo un attimo per osservare le mie pensieri o le mie parole e guardare cosa è successo in modo piu o meno oggettivo, ed insieme al resto del processo cnv, posso riallacciarmi nel connessione per dialogare.
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Cara Melidi, io penso come te, che il metodo di staccare l'oggettivo dal pregiudizio, Rosenberg lo metta in atto per insegnare un metodo di connessione con se stessi e con gli altri. Non penso affatto che Rosenberg volesse trasformare un evento in oggettività filosofica o scientifica! Infatti in questo mio commento mi riferivo unicamente all'obiezione di Francesca sull'impossibilità di descrivere una realtà oggettiva.
Ascoltare i propri bisogni e quelli degli altri è molto importante , il libro non l'ho ancora finito ed è la prima cosa che leggo di Cnv, sono più "esperta" di psicologi e psicoterapie, che di Cnv e quando avrò finito il libro potrò dire ancora meglio cosa ne penso.
Condivido perà questo che dice Silvia:
La tendenza a giudicare e catalogare è così insita in noi, ma ci allontana dall'empatia e altro non è che un riflesso dei nostri bisogni che non stiamo soddisfacendo. una volta scoperto questo, la sensazione è come quella di una rivoluzione copernicana! Ed ecco che tutti dovrebbero a mio avviso provare almeno una volta a fare l'esercizio che MBR suggerisce fare una lista di "Non mi piacciono le persone che sono.." e poi leggerci a fianco quali sono i nostri bisogni da soddisfare. Utilissimo ho trovato anche l'esercizio di elencare quali sono le cose che non ci fanno sentire la nostra vita come un gioco: quelle che dobbiamo fare e ci pesano.
T Scusatemi l'inciso, ma tra le altre cose, leggere questo libro mi ha spiegato, finora meglio di qualsiasi altro, cosa significhi davvero il "non giudicare" di cui tanto parlava Cristo e di cui purtroppo siamo davvero intrisi senza rendercene nemmeno conto.
