da Silvia D. » lunedì 14 dicembre 2009, 10:17
Per quanto riguarda me, questo libro mi ha svelato un modo di agire e di pensare che sulle prime sembrava molto difficile: tendevo a pensare per giudizi e non me ne ero accorta. Ho anche scoperto di avere un modo violento di autocriticarmi, senza mostrare empatia verso i miei propri sentimenti. Questo percorso mi ha aiutato molto.
In questo mondo di lupi contro agnelli, o meglio lupi contro lupi, la "gioia nel dare e gioia nel ricevere", "servire la vita", ecc, sono concetti completamente innovativi perchè pieni di amore verso il prossimo, che renderebbero il mondo migliore. E' davvero il modo in cui ci si dovrebbe rapportare tutti gli uni con gli altri. certo, è utopistico sperare che si diffonda a tutti gli strati della società, ma il cambiamento comincia da casa nostra, no?
Effettivamente, quando ascoltiamo i sentimenti e i bisogni degli altri, li sentiamo subito vicini a noi, simili: non ci sembrano "mostri" o tanto poi strani.
Sulle prime non sarà facile applicare (e ricordarsi di farlo, prima dell'istintiva tendenza a parlare di getto come si è sempre fatto) il modello osservazioni - sentimenti - bisogni - richieste, ma andrebbe fatto ogni volta, sia in emissione (con onestà), che in ricezione (con empatia) di ogni messaggio comunicativo: in famiglia, al lavoro, nel volontariato. L'ho già sperimentato in famiglia ed al lavoro ed ho notato come le persone con cui parlavo sembrassero sentirsi bene parlando, e come mi sentissi bene io applicando questo metodo.
La tendenza a giudicare e catalogare è così insita in noi, ma ci allontana dall'empatia e altro non è che un riflesso dei nostri bisogni che non stiamo soddisfacendo. una volta scoperto questo, la sensazione è come quella di una rivoluzione copernicana! Ed ecco che tutti dovrebbero a mio avviso provare almeno una volta a fare l'esercizio che MBR suggerisce fare una lista di "Non mi piacciono le persone che sono.." e poi leggerci a fianco quali sono i nostri bisogni da soddisfare. Utilissimo ho trovato anche l'esercizio di elencare quali sono le cose che non ci fanno sentire la nostra vita come un gioco: quelle che dobbiamo fare e ci pesano. Ecco che vedendole sotto la sua ottica, si deve provare a scrivere a fianco di ciascuna "Scelgo di.."
Anch'io, come lui prevedeva, mi sono ribellata. "Scelgo di.. lavorare..? No! Sono costretta!", mi sono detta. A fianco dovevo scrivere "perchè voglio..". E allora ho ragionato che voglio un minimo di tranquillità economica per non andare in panico in caso di imprevisti o trovarmi in una situazione di pericolo, dato che non abbiamo la "rete di sicurezza" di genitori o nonni che possano aiutarci economicamente. Quindi potrei anche non farlo, ma scelgo di farlo per amor suo, per essere tranquilla se succedesse qualcosa, mediando la sofferenza di lasciarlo da solo col fatto di farlo solo x 4 h al giorno (6 h nei 4 mesi estivi).
Ho continuato la lista e ho visto che ognuna delle cose che detestavo fare, le sceglievo in qualche maniera. Mi sono sentita meno "manipolata" dal destino, più artefice delle mie scelte.
Ho anche apprezzato molto la spegazione che le lodi non sono il giusto metodo educativo, perchè i bambini devono fare le cose perchè ci credono, perchè hanno una motivazione valida, non per avere un premio od evitare una punizione: chiedendosi sempre:
- cosa voglio che questa persona faccia?
- ma soprattutto, quali voglio che siano le ragioni alla base della sua azione?
Non realizzavo, prima di leggere questo libro, che anche i paragoni sono un tipo di giudizio o che il nostro linguaggio tende ad offuscare la consapevolezza della nostra responsabilità sulle cose, attribuendole a forze vaghe o estranee. E' pericoloso non essere consapevoli di essere responsabili di ogni nostra azione: il riferimento alla Amtsprache che facevano parlare agli ufficiali nazisti basta a convincere chiunque, direi.
Osservare senza valutare è quasi impossibile, nel modo in cui siamo stati cresciuti, ma con un po' di allenamento ci si rende consapevoli di quando lo si fa e sentire i campanellini suonare non ci rende passive vittime del meccanismo innato.
Inoltre, molti di noi tendono a schermare i propri sentimenti celandoli per un senso di autodifesa: mettendosi in gioco e "rischiando", invece, di fare il contrario, si può instaurare una vera e onesta connessione con gli altri e prendere coscienza di sentimenti e bisogni inespresi, che solo in questo modo possono liberarsi e venire soddisfatti per avvicinarci alla massima possibile serenità interiore.
E' vero, poi, che dare empatia ad un "No!" ricevuto ci protegge dal sentirlo come un affronto personale.
Dando empatia anche a noi stessi, si può trasformare il colpevolizzarsi per un errore, nel "celebrare la perdita" e questo è davvero qualcosa che voglio mettere in atto nella mia vita: prendere atto che quella così è andata così, vedere che sentimenti e che bisogni avevo in quel momento ed empatizzare con me, anzichè esser infuriata con me stessa.
Ed anche la rabbia, sentimento così frequente e facile da provare, si sbriciola comprendendo che la sua causa sta nel nostro modo di pensare, nei sentimenti di colpa e di giudizio. Se si cercano di capire i sentimenti e i bisogni degli altri, allora la rabbia praticamente sfuma. Vorrei davvero "ricordarmi" di farlo ogni volta, da ora in poi!
Ecco che dovrei ricordarmi di fronte a questo sentimento, i 4 scalini: fermarmi e respirare - individuare i miei pensieri di giudizio - collegarmi ai miei bisogni e sentimenti - esprimerli.