Premesso che non sono mai stata ambiziosa e che fin da bambina mi auguravo per me una vita anche banale - ricordo che mi dicevo proprio così, anche nelle mie preghiere - ma serena e felice, mi ritrovo molto in quello che vive e prova Effi. Mia figlia è proprio bimba, più di tanti suoi coetanei che appaiono più disinvolti e atteggiati, con fare quasi pre-adolescenziale a soli 6-7 anni. Al momento il suo piano per il futuro è fare la dog sitter... insieme a me (che in effetti non mi sottrarrei).
Fortunatamente mi sembra che anche il contesto in cui viviamo sia molto neutro al riguardo. Non percepisco forti pressioni della scuola e della società da questo punto di vista e ne sono contenta. L'idea di una generazione di ragazzini che crescono con la fissa della carriera e del guadagno, puntando prevalentemente su questi aspetti per la propria autorealizzazione, mi spaventa. L'ipotesi che non vada tutto secondo i loro piani la mettono mai in conto? A sentire il racconto di Esmeralda sulle reazioni dei suoi figli al film di Rovazzi viene da pensare di no. Se dopo tanto impegno, per i più svariati motivi (sh*t happens, dicono gli inglesi), dovessero vedere ridimensionarsi o sfumare il loro obiettivo primario, a cui sono fortissimamente tesi fin da bambini, cosa gli rimarrebbe? Si sentirebbero dei falliti? Mi sembra che il rischio sia questo e che sia importante scongiurarlo... l'incapacità di affrontare un eventuale insuccesso mi sembra un problema ben maggiore dell'insuccesso in sé.
A mia figlia dico che lavorare può essere non solo utile ma anche molto bello se abbiamo la fortuna di fare un lavoro che amiamo; che può aspirare a fare quello che più le piace senza pensare che ci siano strade che le sono precluse ("no no, mamma, l'astronauta non la voglio fare, voglio fare la-dog-sit-ter!", mi risponde) e che è importante che metta impegno e curiosità nell'imparare, perché questo le sarà utile, qualunque strada deciderà di intraprendere. Soldi, successo, status li lascio volutamente fuori dall'equazione perché io per prima non li ritengo prioritari. Su denaro e beni materiali sto cercando di insegnarle che chi si accontenta di quel che ha è sempre felice, mentre chi non si accontenta mai è sempre insoddisfatto; sulle persone, che tutti - compresi mamma, papà, maestre - possono sbagliare, fallire, incontrare problemi, e che l'importante è imparare qualcosa da ogni esperienza e fare del proprio meglio. Le sto tarpando le ali? Rischio di trasmetterle un atteggiamento rinunciatario? Spero di no... ma mentre la incoraggio a puntare in alto, se è quel che vuole, ci tengo che abbia la capacità di accettare e mettere nella giusta prospettiva eventuali delusioni.