Se vogliamo obbedienza in generale è difficile che possiamo fare a meno della forza. Lui non è che vuole NON obbedirti, lui segue il suo desiderio, la sua propensione all'autonomia, all'esplorazione, il suo spirito di autodeterminazione. Quindi mille volte meglio lo scivolo dei grandi e bellissime le palline che volano. Che gliele diamo a fare quelle meravigliose palline colorate (per inciso vuote e leggere proprio per non fare male anche se lanciate)?
Ma voglio partire da te che ti senti "una schifezza", perché non mi piace pensarti così. Hai scelto delle strategie di emergenza. Lui non era in grado di collaborare e tu eri in così grande difficoltà che sentivi degli impulsi che non ti piacciono fluire verso le mani. In questi casi che male c'è a scegliere la via della fuga? Benedetta la fuga cara, via da una situazione troppo difficile per tutti, anche se scappare fa versare qualche lacrima. Se riesci a usare la forza non in senso punitivo, lo/ti/vi stai proteggendo. Poi ti prendi il tuo tempo per pensarci su, ma prima vi metti al sicuro.
Sento un forte bisogno di sentirti adeguata, di rispondere a delle aspettative, tue ed esterne. La signora, per dire, ha le sue buone ragioni di ordine, ma non è detto che ci si debba irrigidire tutti (lei e te). Se ci fermiamo a guardare un bambino di quasi due anni che gioca e si esalta a lanciare palline colorate, ecco che possiamo prenderci il tempo di sorridere e intervenire con calma: la signora che cura quel posto vuole avere le palline dentro la vasca, proviamo a chiederle se ce le lascia lanciare un po' che poi gliele mettiamo dentro tutte? oppure proviamo a lanciarle dentro la vasca senza farle uscire? oppure gliene chiediamo due o tre da far rotolare fuori dalla vasca e poi promettiamo di rimetterle dentro? Magari potremmo fare il gioco di lanciarle da fuori a dentro... In fondo siamo in una ludoteca, deve essere fatta per trovare un modo pacifico di giocare.
E invece ci prende (mi ci metto anche io) l'ansia di adeguarci al no, di farlo presto, di farlo bene. E il bambino, che come minimo è perplesso, probabilmente non ci capisce e continua a darsi retta, che lui sì si capisce, ecco che diventa un disobbediente che non apprezza le nostre buone maniere. E noi, ex bambine cui bastavano uno sguardo o un sopracciglio alzato, il tono di una voce, noi che abbiamo conosciuto le mani che arrivano addosso e ti danno il segno del limite col dolore e la paura, dentro tremiamo di sdegno di fronte alla sfrontatezza del bambino di oggi che non sa la fortuna che gli tocca a poter essere così tanto libero e al sicuro da modi così sbrigativi e violenti. Ecco che arriva la rabbia ed esce la violenza.
Ci vuole pazienza anche con noi stessi, Anna, non solo con loro. Ci dobbiamo come rieducare. Occorre disinnescare dei meccanismi che abbiamo imparato subendoli e non basta capire: ci vogliono tempo e disciplina. Noi sì dobbiamo disciplinarci, ma noi siamo adulte e siamo motivate a farlo. E' nostra scelta, nostra determinazione essere un certo tipo o altro di madre. Sta a noi e non ai piccoli la responsabilità di provarci un poco ogni giorno. E ci sono le cose che comunque facciamo e faremo che non ci piace e non ci piacerà. Ma ci riproveremo. Ci sono poi anche quelle in cui ci piacciamo, ma quelle le diamo sempre troppo per scontate
Loro sono solo bambini che fanno i bambini, ma noi non li vediamo, perché ci hanno messo addosso delle lenti per guardarli che li deformano. A me lo sguardo limpido l'hanno offerto genitori liberi da questa visuale perché da piccoli erano stati educati meglio di me. Loro vedevano un bambino che appunto faceva il bambino, dove io scorgevo un provocatore disobbediente. Un esserino con ragioni da bambino, serissime e molto sensate, una determinazione commovente nel perseguire i suoi scopi (che spero non si perda per strada che nella vita poi torna utile), un'inventiva mirabile. Il tutto per me scomodissimo, a volte pericoloso.
Non stare mai sola con questi pensieri se puoi, abbi cura della tua fatica, offriti comprensione, che fare la mamma è difficile e non ci si piace tante di quelle volte, ma non c'è solo quello. Se non ascoltano fermiamoci a riflettere su come sentiamo in quel momento la connessione con loro. Di solito è debole. Se la connessione è salda, magari non obbediranno (l'obbedienza è quella cosa che ti dicevo prima che si dà per paura o per vergogna, mai davvero col cuore), ma ci ascolteranno sempre ed è probabile che cercheranno un modo per collaborare, magari senza rinunciare troppo a sé stessi.
Crescerete insieme vedrai. Fra qualche mese, qualche anno ti ritroverai a sorridere alle mamme imbarazzate come ti senti tu oggi, sapendo bene che cosa provano perché ci sei passata. Intanto prova a guardarti intorno fiduciosa, perché è probabile che non si rida di te, ma ti si sorrida con simpatia. E, se proprio non ti sorride nessuno, pensa che qui noi ti guardiamo tutti con solidarietà e fiducia